Sant'Angelo d'Acri

Frati Cappuccini di Acri




I Cappuccini ad Acri: la culla accogliente di Angelo.
Abbiamo notizie sulla implantatio Ordinis cappuccino ad Acri grazie a due relazioni del 1650. Siamo alla fine del 1500. Tuttavia, almeno diciotto anni prima che vi si fondasse il convento, Acri ebbe il suo impatto con i Cappuccini per mezzo dei fratelli non chierici che vi andavano per la “cerca della lana”.
I lavori di fondazione iniziarono nel 1590. Nella relazione del 10 febbraio leggiamo: «il convento dei Frati Minori Cappuccini della terra d’Acri, Diocesi di Bisignano Provincia di Cosenza o S.to Daniele in Calabria Citra del Regno di Napoli, è situato fuori della suddetta terra mediocre distanza su la strada pubblica, è però tutto cinto di mura. Il sito fu comprato da un Gentiluomo di questa terra, per nome il Sig.r Francesco Antonio Lepera e da Mons.r Vescovo Quattromani, pur cittadino di Acri, il quale piantò la croce della fondatione del detto convento, con licenza però dell’Ordinario Vescovo di Bisignano, che all’hora era Mons.r Domenico Petrucci da Montalto, l’anno 1590, essendo Provinciale il P.f. Silvestro da Rossano, il quale fu presente, e con l’elemosine dei sopradetti ed altre divote persone e dall’Università fu fabricato et eretto secondo la povera forma Capuccina con celle num° 18’’».
La seconda relazione sul convento di Acri è del 20 novembre, datata ugualmente 1650; essa aggiunge qualcosa in più: «Acri conta 2.500 anime e vi sono altre case religiose: Domenicani, Agostiniani e Paulini».
La costruzione del convento fu portata avanti celermente poiché, come si può evincere dalla seguente “fede giurata”, appena quattro anni dopo l’inizio era già in piena efficienza la chiesa: «D. Antea Crafila della terra d’Acri in verità della sua coscienza riferisce, et con lei D. Bubba Marchesa sua vicina, come circa gli anni del Signore 1594 un figliolo d’essa Antea per nome Francesco, mentre andava giocando con gli altri figlioli, essendo d’età circa tre anni, li sdrucciolò il piede et cascò dentro una pila piena d’acqua, ch’era vicina ad una fontana per servitio degli animali, et ivi si suffocò là dentro, divulgata la fama, corse al duro spettacolo tutta la terra; finalmente fu portato estinto a casa et vi si adoprorno diversi rimedij per ritornarl’in vita, ma ogni cosa fu vana.
I Preti, non li vedendo segni di vita, dicevano che si sonasse la campana a morto. La dolente madre all’hora vedendo d’haver perso la speranza della vita del figliolo per rimedij humani, con le chiome sparse et lamentevoli voce, corse a buon passo, con gran fede in Dio, al luogo dei frati, ch’è in detta terra, et facendoli manifesto il suo caso, andorno tutti in Chiesa et unitamente pregaron’il Signore, et la sua santissima Madre, che avendo pietà dell’afflita madre ritornass’in vita il suo figliolo; fatta l’oratione, appena la donna era uscita un gradino fuori della Chiesa che, sopravvenend’un messo, li diè avviso che il putto era digià resuscitato.
A tal felice novella alzo la donna le voci al cielo, ringraziando Iddio».
Nella su citata relazione si parla della chiesa in cui si va a pregare già nel 1594 e nel 1595 vi si custodisce il SS.mo Sacramento, è un fatto singolare, poiché per altri casi sappiamo che la chiesa è stata portata a termine dopo che i frati si erano introdotti nel convento ultimato. Se ciò è avvenuto anche in Acri, bisogna proprio dire che la sollecitudine non è mancata.
Come sempre, fu però determinante la presenza degli stessi Cappuccini i quali, dimorando presso il cantiere fin quando non erano abitabili i primi vani, collaboravano nei lavori.
Il convento, vicinissimo al palazzo dei Principi Sanseverino, ha sempre goduto della loro munificienza; specialmente al tempo e da parte di Giuseppe Leopoldo e del figlio Luigi, devotissimi del beato Angelo mentre questi era ancora in vita.
La struttura, inizialmente sviluppata su un solo piano, dopo la morte del padre Angelo, venne ampliata, con l’elevazione del secondo piano, adibito agli uffici della vice-postulazione.
Il convento conobbe le due soppressioni: la prima avvenne il 7 agosto 1809, durante l’occupazione del regno da parte dei francesi; la seconda il 7 luglio 1866.
Nella chiesa conventuale si conserva e si venera il simulacro dell’Addolorata, che il beato Angelo lasciò alla sua gente.
(di Fra Piero Sirianni)